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04-2013
Interview with Lucia Fava (IT)
La stagione degli “Amici della Musica” di Ancona ospiterà, il prossimo 11 aprile, la prima esecuzione assoluta di una nuova creazione di Lucia Ronchetti, compositrice romana tra le più feconde ed apprezzate nelle sale da concerto e nei teatri europei, che solo in questi ultimi anni sembra riscuotere, finalmente, anche giusti riconoscimenti dal mondo musicale italiano. E’ del 2012 infatti la commissione da parte dell’ Osn Rai di Sei personaggi in cerca d’autore, e di 3 e 32 Naufragio di terra da parte della Società dei Concerti “Barattelli” dell’Aquila, pezzo quest’ultimo dedicato alla tragedia della città abruzzese.
Ravel Unravel è una produzione, oltre che della società concertistica anconetana, anche dell’Accademia Filarmonica Romana, degli Amici della Musica di Modena, di Musica@villaromana di Firenze e di MiTo Settembre Musica di Torino, per festeggiare i cinquanta anni della compositrice.
Ispirata al Concerto per la mano sinistra che Ravel scrisse per il pianista Paul Wittgenstein, la composizione per pianoforte e violoncello mette in scena il conflittuale incontro tra il pianista destinatario del Concerto e l’autore in occasione di un’esecuzione privata che se ne tenne a Vienna il 30 gennaio 1932, quindici giorni dopo la prima. Ravel era stato assente all’evento e in quell’occasione ne ascoltò, con disappunto, la versione per due pianoforti, durante la quale l’interprete inseriva varianti che arricchivano la parte solistica e che l’autore non approvò.

Come è nata l’ idea di lavorare sul Concerto per la mano sinistra?
L’idea è nata -dice la Ronchetti- dalla lettura del libro di Enzo Restagno, Ravel e l’anima delle cose (2009). Analizzando il Concerto per la mano sinistra, Restagno scrive: “Se è lecito leggere un’opera come un reperto clinico, la trama del concerto consiste in un drammatico accavallarsi di reminiscenze, il tormento di una memoria che teme di smarrire se stessa.”
Mi è sembrata interessantissima questa sua visione del Concerto raveliano, dato che è un concerto scritto per un interprete malato, il pianista mutilato Paul Wittgenstein. Ma per Ravel stesso stava iniziando un lungo processo di perdita di alcune facoltà mentali e questa partitura ne costituisce una testimonianza compositiva significativa. Già nel passato ho lavorato a progetti di teatro musicale basati sul concetto di distopia (Narrenschiffe, 2009) e di diversità (BendelSchlemihl, 2000 e Le voyage d’Urie, 2008). In questo caso mi interessava identificare la partitura di Ravel con un luogo, un luogo temporale, dove le mancanze, le mutilazioni e lo sconforto di due grandi personalità si sono incontrate e hanno lasciato tracce musicali del loro incontro reale, della loro profonda incomunicabilità.
La straordinaria partitura di Ravel che più che incoronare Wittgenstein quale virtuoso, ne denuncia l’assurda e orrida condizione, diventa la sceneggiatura sonora di un incontro impossibile fra personalità inconciliabili, uno psicodramma sonoro.

E il violoncello, come mai proprio questo strumento a contraltare il pf?
La scelta non ha riguardato il violoncello, quando piuttosto il violoncellista e il pianista: Francesco Dillon ed Emanuele Torquati, interpreti e dedicatari del lavoro. Le personalità di Dillon e Torquati e la loro presenza scenica mi hanno permesso di realizzare una partitura complicatissima dal punto di vista tecnico. Torquati esegue frammenti tratti sia dalla parte dedicata alla sinistra del concerto di Ravel che dalla riduzione per piano della parte orchestrale. Dillon è un Ravel che si esprime attraverso l’archetto: il suo celo parla, impreca, accusa, cita il concerto stesso, ma anche sviene e perde controllo e memoria durante la performance. Entrambi recitano un testo scritto dal poeta russo americano Eugene Ostashevsky che ricostruisce il dialogo realmente avvenuto tra Ravel e Paul Wittgenstein in forma di libretto, tenendo conto della biografia e del passato e futuro dei due personaggi, alla luce di alcune riflessioni di Ludwig Wittgenstein (fratello di Paul) riguardanti l’incomunicabilità. Guido Barbieri cura la drammaturgia della voce e del suono. Dato che la scena di questa pièce rappresenta la scena del concerto privato in cui si incontrarono Ravel e Wittgenstein, la scena in effetti è semplicemente una normale scena di concerto. Dillon e Torquati sono dunque chiamati a generare la drammaturgia attraverso la loro performance. Il pubblico percepirà non solo la presenza di un violoncellista ed un pianista, ma anche di Ravel e Wittgenstein stessi. In questo senso “Ravel Unravel” è un tentativo di teatro implicito nel concerto, una “Action concert piece” che sfrutta la teatralità della performance classica con evidenti riferimenti ai lavori di teatro in concerto di Kagel, Bussotti, Aperghis e Battistelli.
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